Abbiamo desunto queste notizie dai conti delle villeggiature di Urbano VIII, nell'archivio vaticano (fondo Palazzo Apostolico, vol. 321), e dalla << Instruttione per l'andata di N.ro S.re a Frascati>> trovata dal Grossi-Gondi nell'archivio del marchese Cavalletti. Tali istruzioni riguardavano le villeggiature di Paolo V fino al 1619, ed è lecito pensare che le cose non andassero diversamente nei viaggi di Urbano VIII a Castel Gandolfo. I conti più sopra accennati delle villeggiature di Urbano a Castello sono per lo più un'arida minuta nota dispese, ma nel ruolo della Panatteria di N. S. in maggio 1634 a Caste Gandolfo troviamo un elenco dei famigliari che corrisponde, su per giù, ai ruoli di cui alle istruzioni riportate dal Grossi-Gondi.
Detto elenco, solo per la famiglia bassa, fa una nota di oltre centosettanta persone. Più numerosa quindi di quelle che seguirono Paolo V e che erano poco più di un centinaio. Sulla scorta delle accennate istruzioni si può dunque dedurre che le mense da allestire al Palazzo per la famiglia di N.ro S.re non fossero meno di tre. Una prima tavola nel tinello secreto, servita per gli alti prelati della Segreteria, per il Maggiordomo (titolo dato per la prima volta con Urbano VIII, nel febbraio del '26, al Prefetto del Palazzo apostolico), il Maestro di Camera, il Maestro di Casa, e per i componenti della <<Camera Secreta>>, o famigliari addetti alla persona di S. S., cioè lo scalco, il coppiere, il guardaroba, l'elemosiniere, il confessore, il crocifero, il cappellano, il cerimoniere, il caudatario, il medico segreto, e infine il maestro delle poste, il capitano degli svizzeri e quello dei cavalleggeri.
Una seconda tavola, nel tinello comune, per gli officiali addetti ai maggiori dignitari sopra accennati, come i (giovani della secreteria cioè Sostituti, e per gli officialj secreti, cioè i chierici comuni, i cappellani, il medico comune, lo (spetiario , il barbiere, i sottoforieri, i soprastanti, ecc.; e finalmente una terza tavola per la famiglia bassa, che andava dai palafrenieri agli uomini di fatica dei diversi servizi, della cucina, cioè, delle scuderie, delle strade, dei giardini, ecc. Nelle istruzioni riprodotte dal Grossi-Gondi si possono leggere le liste delle vivande predisposte per tutta una settimana per la tavola ordinaria della <<Camera Secreta>>. Si va, per il pranzo, da un abbondante antipasto di salame, fichi, meloni, burro, o ricotta passata, a una minestra di riso o di farro legata con ova; seguono pasticci caldi, poi colli di capponi in guazzetto, poi un lesso di capponi in bianco con fette di salame, ornato di lattuga, oppure un lesso di petti di vitella ornati di fiori.
E siamo all'arrosto: se non è di capponi, ornato di pasta di butirro, sarà di mongana (vitella da latte) confettata di merangoli e limoncelli o di pere sciroppate; o magari arriveranno entrambi gli arrosti, unodopo l'altro. Poi, talvolta, ritorna il lesso che, per cambiare, sarà di mongana, al quale terranno dietro tre pezzi di campareccia (vitella grossa) o vaccina, o tre ligotti di agnello (per ogni commensale, s'intende); o qualche volta la campareccia, che non manca mai nella lista, arriverà <<stuffata e ornata di carciofi>> E, finalmente, eccoci al dolce: un tartarè alla genovese, o pasta fatta a cuore ripiena di provatura, o anche una semplice torta bianca. E il pranzo si chiude con (frutti di tutte le sorte che si trovano, e magari, ma non sempre, con cacio.
Alla sera, per cena, le cose andavano più semplicemente. Dopo le insalate cotte e crude con radici, seguivano due soli piatti di carne: coppiettoni o bracciole di vitella o di vitel1a appasticciata, e poi un pollastro arrosto o stufato, (uno per uno , oppure un piccione. Dolce e frutta. Nei giorni di magro, il venerdì e il sabato, la carne era sostituita
dal pesce; prima pesce lesso, poi in graticola o sottestato, e poi fritto, poi macaroni, o anche gamberelli fritti.
Seguivano sempre due portate d'uova: frittate cioè e << ova nel piatto alla francese>> o << sperdute>>. E in mezzo, qualche volta, i ravioli. Si mangiava sodo dunque, e s'aveva li stomaco ~ il fegato sani. Di vini non si parla. Forse non c'era, per questi ricerca di varietà e prelibatezza e si beveva per lo più vino del luogo, pei quanto ci fosse una bottiglieria secreta e una comune. Si dava, alla primi tavola, pane papalino, cioè bianco, per gli altri era pane basso, cioè casareccio. Tutto questo, intendiamoci, era stabilito per la tavola ordinaria cioè di ogni giorno, della Camera segreta, che era altresì ( servita in argento a tre piatti.
Non sappiamo cosa succedesse nelle solennità e nelle circostanze eccezionali, ma ce lo possiamo immaginare. Quanto al basso personale, si sa soltanto che la razione di vino era di un boccale al giorno (due litri abbondanti), e quella della carne, di due libbre a testa (circa sette etti). Non c'è dunque da meravigliarsi che per provvedere tutte queste vivande occorresse uno spenditor secreto, e, naturalmente, un altro comune, oltre a dispensieri e credenzieri, dell'uno e dell'altro ruolo, per conservarle, e che ci fossero norme precise per il trasporto di tali (robbe mangiative , e perfino sulla destinazione dei relie vi, cioè degli avanzi delle diverse mense. Non si sa a chi andassero i resti della mensa papale (della quale non si fa mai cenno nelle istruzioni), ma, per gli avanzi dei cardinali (che quando stavano a corte erano serviti in camera o, diversamente, in una tavola speciale a loro riservata) apprendiamo da certe Prescrizioni del Maestro di camera intorno al modo di Servire la Corte (trovate dal Grossi-Gondi nell'arch. Borghese, op. cit.,) che i relievj della tavola dei cardinali dovevano essere mandati in una canestra, chiusa con lucchetto, alla tavola dei gentiluomini <<a servirsi di quello che vorranno>> , e che il resto si doveva consegnare al dispensiere per il pasto seguente o per usarne fuori d'ora in caso di impreviste necessità. Doveva trattarsi di avanzi prelibati. I resti invece delle altre tavole erano riservati al personale che le servivano, ai palafrenieri cioè per la prima tavola e agli scopatori per la seconda.
E come era alloggiata tutta questa gente? Riservati ai cardinali, ai parenti del Pontefice, e ai personaggi maggiori, i rispettivi appartamenti di due o più stanze, e a tutti gli altri prelati e gentiluomini una stanza ciascuno, non doveva rimanere molto spazio disponibile per gli altri, specie per il basso personale e per la truppa. Dovevano tutti dormire in parecchi per camera e non pochi in due per letto, come si deduce dal numero dei materassi, capezzali e lenzuola assegnati. Qualcuno degli scopatori segreti e delle lance spezzate dormiva, anche per ragioni di servizio, selle grandi sale dell'appartamento, dove aveva il letto <<sotto la tavola>> , i materassi custoditi dentro le solenni cassapanche.
E. Bonomelli. I Papi in Campagna, Brescia 1982
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